Forum delle economie: focus sull’industria del vino

Il settore conferma il primato nel Made in Italy d’eccellenza
E-commerce e sostenibilità le principali leve per un business vincente

I punti di forza, le criticità del comparto e le strategie funzionali a superare le sfide del futuro al centro di un incontro digitale organizzato da UniCredit in collaborazione con il Consorzio del vino Brunello di Montalcino. Da uno studio di settore condotto dalla banca, il settore dimostra di resistere alla crisi determinata dalla pandemia. Stimato un calo del fatturato tra – 10% e -15% nel 2020, ma è atteso un rimbalzo già da quest’anno e un ritorno a volumi pre-covid nel 2022.

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Photo by Consorzio del vino Brunello di Montalcino

Nel corso del Forum delle economie organizzato da UniCredit, in collaborazione con il Consorzio del vino Brunello di Montalcino, per un confronto tra imprenditori ed esperti sugli scenari economici influenzati dalle conseguenze della pandemia e sulle strategie utili alla crescita del business del comparto vitivinicolo, è emerso a chiare lettere che l’industria italiana del vino resiste all’impatto della crisi economica determinata dal Covid-19, difendendo il suo primato di ambasciatore d’eccellenza del Made in Italy.

Sviluppo dell’e-commerce, sostenibilità, diversificazione e ampliamento dell’offerta di prodotto, digitalizzazione e internazionalizzazione, sono le leve strategiche utili alla crescita del business del comparto vitivinicolo italiano.

Photo by Consorzio del vino Brunello di Montalcino

L’incontro è stato aperto da Fabrizio Bindocci, Presidente Consorzio del Vino Brunello di Montalcino, con il contributo di Andrea Burchi, Regional Manager Centro Nord UniCredit, e arricchito dagli interventi di Marco Wallner, Head of Corporate Commercial Synergies, Corporate sales & Marketing Italy UniCredit, che ha illustrato alcune delle soluzioni pensate da UniCredit per sostenere le imprese interessate a potenziare i temi di e-commerce e internazionalizzazione, e Luigia Mirella Campagna, Industry Expert UniCredit, autrice di uno studio di settore sul tema “Impatto Covid-19 e strategie per la ripartenza nel settore del vino”.

Per il 2020 UniCredit stima un calo del fatturato medio tra il 10 e il 15% circa, previsto però in crescita già da quest’anno, per tornare a raggiungere i livelli pre-covid nel 2022.

 

L’Italia si conferma comunque il primo Paese produttore di vino al mondo per volume (52 milioni di ettolitri, +4,1% a/a); e secondo per esportazioni in termini di valore per circa 6,3 miliardi di euro, con una flessione delle vendite sui mercati esteri molto contenuta rispetto all’anno precedente (-2,2% a/a).  Primato italiano anche per il più alto numero di vini certificati (526 di cui 408 DOP e 118 IGP), a conferma dell’enorme investimento in qualità che il Paese ha saputo compiere negli anni (elaborazione UniCredit su dati Istat marzo 2021).
E-commerce, sostenibilità, diversificazione e ampliamento dell’offerta di prodotto, digitalizzazione e internazionalizzazione, si attestano tra le principali strategie funzionali alla crescita del comparto.

Photo by Consorzio del vino Brunello di Montalcino

Cosa emerge dall’indagine di settore UniCredit in sintesi 

Ricordando i numeri dell’era pre-Covid19, nel 2019 l’industria del vino italiana con oltre 13 miliardi di euro, contribuisce al fatturato totale del comparto Food&Beverage per oltre il 10%. É certo tra i settori di eccellenza del Made in Italy e regala all’Italia molti primati.

  • Siamo il primo Paese produttore di vino al mondo in termini di volume: anche nel 2020 abbiamo mantenuto il primato, con una produzione che sfiora i 52 milioni di ettolitri (+4,1% a/a, dato Istat).
  • Siamo i secondi esportatori al mondo in termini di valore dopo la Francia e, nonostante le difficoltà legate alla pandemia, nel 2020 abbiamo mantenuto questa posizione, riuscendo ad esportare vino per un valore di circa 6,3 miliardi di euro, con una flessione delle vendite sui mercati esteri molto contenuta rispetto all’anno precedente (-2,2% a/a, dato Istat).
  • Siamo il Paese con il più alto numero di vini certificati, a conferma dell’enorme investimento in qualità che il Paese ha saputo compiere negli anni. Nel 2020 contiamo 526 vini a indicazione certificata, di cui 408 DOP e 118 IGP. Si tratta di 90 referenze in più rispetto alle 436 della Francia; seguono, a notevole distanza, la Grecia (147) e la Spagna (139). La qualità di questi vini è garantita da 122 consorzi di tutela.
  • In merito all’impatto dell’emergenza sanitaria, il settore vinicolo – in Italia come in altri Paesi produttori – ha mostrato una resilienza maggiore dell’atteso.
  • Il vino si è dimostrato un prodotto ben radicato nelle abitudini alimentari dei consumatori, registrando una riduzione quantitativa abbastanza contenuta dei consumi di vino, ma una riduzione più significativa del valore complessivo del giro d’affari. In Italia, per il 2020 UniCredit stima un calo del fatturato medio tra il 10 e il 15% circa, anche se le situazioni individuali sono in realtà molto differenziate: in generale, è stato senz’altro più colpito chi aveva nell’horeca il principale canale di sbocco delle vendite, mentre coloro che erano più legati alla grande distribuzione hanno nella maggior parte dei casi migliorato fatturato e profitto.
  • In generale, i gruppi del vino di fascia media con prezzo accessibile hanno fatto meglio delle categorie premium. I preconsuntivi di Pambianco sui leader di settore indica che i primi 10 gruppi di fascia media sono cresciuti del 3%, mentre i primi 5 di fascia alta hanno registrato una flessione del fatturato del 12%. Non è una sorpresa, considerata la prolungata difficoltà del canale horeca e il tendenziale riposizionamento dei consumatori su prodotti offerti a prezzi più competitivi. La difesa dei margini è stata il principale obiettivo dei produttori di fascia alta, che in alcuni casi sono riusciti anche ad aumentarne l’incidenza e il valore, grazie anche alla discesa di alcuni costi.
  • Oltre alla tipologia di vino, in questa crisi ha giocato un ruolo importante soprattutto il modello di business adottato: l’azienda più diversificata – sotto i profili dei prodotti, dei mercati di sbocco e dei canali distributivi – ha sicuramente chiuso l’anno con risultati migliori rispetto all’azienda meno diversificata.
  • Guardando ai numeri del settore nel 2020, il contributo più importante alla domanda è arrivato dai consumi delle famiglie, la cui spesa ha registrato un incremento su base annua del 7%, a fronte dell’1,2% del 2019. Le preferenze sono andate verso i vini fermi e frizzanti (+7,8% a/a, a fronte dell’1,8% del 2019), mentre lo spumante ha mostrato un incremento minore (+4,3% a/a, ma comunque in netto aumento rispetto al -0,4% del 2019). Come già anticipato, anche le esportazioni sono andate meglio dell’atteso, avendo registrato una flessione in valore di “solo” il 2,2%, a fronte del +3,1% del 2019. Si è interrotta però la tendenza all’aumento dei valori medi unitari alle esportazioni: in molti Paesi europei, infatti, le vendite si sono chiuse su prezzi più bassi. La buona notizia sui mercati esteri è che l’Italia sembra comunque aver fatto meglio dei suoi concorrenti, mantenendo e in alcuni casi aumentando le quote di mercato, soprattutto in quei Paesi dove era già leader nell’importazione di vino in tempi pre-Covid19.
  • Questo ci aiuta a guardare al futuro con ottimismo. Il fatturato medio di settore, in crescita già da quest’anno, dovrebbe raggiungere i livelli pre-Covid nel 2022.
  • Come tutte le crisi importanti, l’emergenza sanitaria lascia alcune eredità destinate ad impattare fortemente sulla costruzione dei nuovi modelli di business su cui puntare per ripartire e, soprattutto, cogliere le opportunità che anche questa crisi porterà con sé.
  • I temi più strategici per il settore:
    • omnicanalità. La novità di questo periodo di emergenza sanitaria è stata senz’altro l’e-commerce, destinato a durare perché ha rivelato mercati potenziali di cui prima si aveva poca consapevolezza, in termini sia geografici che di fasce di consumatori. Oltre alle vendite on line, molte imprese hanno comunque avviato un percorso di maggiore equilibrio tra i diversi canali di distribuzione.
    • sviluppo di nuovi formati di confezionamento del prodotto. Il riferimento è all’aumento della domanda di grandi formati – bag-in-a-box e di lattine. Soprattutto il vino in lattina è un’opportunità poco esplorata nel periodo pre-Covid19 e che invece risponde molto bene ai bisogni di alcuni consumatori, soprattutto giovani.
    • diversificazione e ampliamento della gamma prodotti. É sempre stato un tema strategico, ma ora lo è ancora di più perché durante la pandemia si sono accentuate alcune tendenze della domanda, come ad esempio il forte orientamento alla salute e quindi la preferenza verso i vini naturali, biologici, biodinamici o a basso contenuto alcolico.
    • sostenibilità. Cambiamenti climatici e preferenze dei consumatori rendono questo tema sempre più centrale, imponendo sistemi di coltivazione, produzione e distribuzione orientati a migliorare la sostenibilità ambientale e sociale.
    • É la tecnologia tramite la quale affrontare il cambiamento
    • Si conferma fattore di crescita importante per il settore

Fabrizio Bindocci, Presidente Consorzio del Vino Brunello di Montalcino

Per il presidente del Consorzio del vino Brunello di Montalcino, Fabrizio Bindocci: “Il Brunello di Montalcino rappresenta uno dei prodotti simbolo dell’eccellenza del vino italiano e ci fa piacere essere qui per portare la nostra visione in rappresentanza di un segmento di mercato importante del Made in Italy. Come manager di un’impresa vitivinicola e come presidente del Consorzio del vino Brunello di Montalcino mi sento di dire che ci sono alcune cose da salvare in quest’ultimo maledetto anno. La prima è la reazione sul mercato del vino di punta e dei nostri produttori, che sono riusciti a chiudere in modo molto positivo nonostante la congiuntura estremamente negativa. La seconda a mio avviso è stato proprio il rapporto con gli istituti bancari, che si sono dimostrati e si stanno dimostrando molto vicini a un settore in evidente tensione finanziaria. Gli strumenti finanziari, concepiti velocemente e in maniera più dinamica rispetto al passato, possono certamente rappresentare un sostegno importante. In particolare, a supporto di ciò che rappresenta la spina dorsale del tessuto produttivo italiano, quelle piccole aziende di qualità che hanno subito le chiusure al pari dei loro principali partner commerciali della ristorazione e del fuori casa.

Montalcino, anche grazie alle ultime due super annate osannate dalla critica internazionale, è riuscita a non abbassare la guardia, specie sul fronte della valorizzazione del prodotto, dei piani di crescita e della forza commerciale dei nostri imprenditori e del nostro brand ora all’Italia del vino serve prima di tutto riprendere il cammino e ripartire da dove ci si è fermati. Durante le crisi si mettono in dubbio antiche certezze, e così da più parti si alzano voci sulla necessità di riformare il modello di business del nostro settore. Ma non sono d’accordo: la realtà è che nel passato recente il vino tricolore ha viaggiato a ritmi molto più alti di tutti i principali competitor, con un export nazionale cresciuto nell’ultimo decennio di circa il 60% e quello toscano di quasi il 70%. Il nostro settore non deve cambiare quanto piuttosto progredire sulla strada intrapresa, abbinando alla qualità produttiva un affinamento delle risorse commerciali e comunicative. Ed è quello che stiamo facendo a Montalcino, che è riuscito a reagire all’anno del Covid forte del suo brand globale e delle scelte dei suoi produttori. L’interesse di istituti bancari come Unicredit a fare partnership con il settore dimostra che le aziende italiane del vino sono sane e pronte a ripartire, come sta accadendo al nostro Brunello di Montalcino che, rispetto al pari periodo del 2020, nei primi 3 mesi di quest’anno ha registrato un +37% di contrassegni di Stato consegnati per le bottiglie pronte alla vendita”.

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