Photo by @andreamarcovaldi
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FILOSOFIA PRODUTTIVA:
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Sento già l’incanto della primavera che trovo nel tepore dell’aria romana. Oggi non posso pensare ad altro che ai detrattori di taluni vini maestosi, che a sentirli parlare mi sembra non abbiano nemmeno goduto l’odore di quei campioni, che hanno commesso secondo loro peccato nell’essere un “taglio”. Io per contro a certi vini attribuisco il coraggio di essere divenuti parte di un’avanguardia che ha fatto bene a tutto il comparto.
Chi c’era a fine anni ‘60 quando le vendite del vino toscano calavano e con loro i prezzi dei vini? Dov’erano le critiche quando finita l’epoca della mezzadria si erano rinnovate tante vigne con materiale genetico scadente? Ecco la crisi della qualità e dell’identità.
Il marchese Piero Antinori, uomo acutissimo, trovò la soluzione guardando molto in là, e con il suo enologo dell’epoca, il magnifico Giacomo Tachis, si confrontò con Emile Peynaud, padre dell’enologia moderna francese. I consigli ricevuti furono tanti: smettere di vinificare il Chianti con il 30% di uve bianche, svolgere la fermentazione malolattica, all’epoca sconosciuta (!), utilizzare le barrique. Fu poi Robert Mondavi, famoso produttore californiano a indicare di adoperare con una visione di produzione più ampia e più fresca. Alla presentazione del primo Tignanello (1971) come Vino da Tavola, i timori erano tanti ma fu Gino Veronelli a dire al marchese: “infischiatene, sarà un successo”. Il resto è storia.
Caro detrattore i tagli sono stati molto importanti per la nostra enologia, che dici di darci un taglio?